uomini piccoli piccoli PER UNA PANDEMIA GRANDE GRANDE

I miei quattro followers, che hanno di sicuro(!?) letto la pagina introduttiva denominata PERCHE’ QUESTO BLOG, rimarranno sorpresi dall’ argomento di cui andrò a scrivere subito sotto, certamente al di fuori delle prerogative delineate sinteticamente nella citata pagina: Il CORONAVIRUS o, per meglio dire, i comportamenti che vari “soggetti” (governi, partiti politici, istituzioni pubbliche, scienziati, organismi europei, organismi internazionali)  hanno adottato di fronte al CORONAVIRUS.

Il proposito di esternare le mie opinioni su questa problematica è divenuto mano a mano più pressante fino a, come dire (ancora una volta), impormi di “prendere carta e matita” per, appunto, “cristallizzarle”.

Brevissime premesse. Con il passare del tempo:

  • questo virus ha dimostrato tutta la sua potenza e pervasività per l’intero pianeta (imponendo peraltro agli esperti di “innalzare l’asticella” da epidemia a pandemia);
  • i danni, non solo economici, sembrano prospettarsi pesantissimi, sempre per l’intero pianeta;
  • le “istituzioni” (italiane, europee e dei più importanti stati del mondo) cui è affidato il compito di fronteggiare le pesanti ripercussioni negative di questo fenomeno sembrano sempre meno all’altezza della situazione; men che meno le “forze” politiche (di nuovo italiane, europee e dei più importanti stati del mondo).

Le brevi considerazioni/opinioni di cui andrò a scrivere riguardano tale ultimo aspetto.

Questa inadeguatezza politico-istituzionale ritengo sia dovuta principalmente a tre fattori:

  1. agli egoismi nazionali;
  2. all’incapacità di interpretare il fenomeno nelle sue dinamiche prospettiche e, quindi, alla mancanza di intelligente lungimiranza nel proiettare lo sguardo al di là del breve periodo;
  3. all’incapacità di percepirne fino in fondo il relativo livello di globalizzazione (“nessuno si salva da solo”).

La globalizzazione ha condotto, ovviamente, ad una accentuata interdipendenza (e non solo in termini meramente economici) tra i singoli stati che compongono il nostro pianeta. Un fenomeno, questo, che ha comportato, certamente, svariati elementi positivi ma che, altrettanto certamente, ha fatto emergere anche svariati elementi negativi. Riguardo, specificatamente,  al Coronavirus (Covid-19) si può dire che proprio la globalizzazione sta producendo significative accelerazioni nei processi di ricerca tanto di specifici farmaci quanto di specifici vaccini (aspetto positivo) anche se, di converso, ha amplificato e “velocizzato” enormemente il contagio (aspetto negativo) .

Moltissimi sono gli esempi dai quali si evince che buona parte dei singoli stati dei paesi europei (ma il discorso va ben al di là dei confini del nostro continente), alle brutte parate, chi più chi meno, tende a “mettere in piedi” atteggiamenti, usando un eufemismo, poco nobili in termini di solidarietà e condivisione. Atteggiamenti che, attivando reazioni a catena, dispiegano e, direi, amplificano, gli effetti negativi per l’intero sistema e, quindi, anche per lo stesso paese che li ha adottati per primo pensando di ricavarne un qualsivoglia tornaconto.

Mi spiego meglio con un esempio, utilizzando un “campo di osservazione” di gran lunga più ristretto: il condominio. Allorquando il condomino A mette in piedi iniziative volte a procurargli un dato vantaggio/beneficio, piccolo o grande che sia, che però provoca, di fatto, un qualsivoglia danno al condomino B, quest’ultimo, proprio perché danneggiato, metterà a sua volta in piedi iniziative per tentare di ovviare al danno subito e, fors’anche, con l’intendimento di determinare ripercussioni negative (se non, nella migliore delle ipotesi, senza prendere minimamente in considerazione eventuali relativi danni) “in capo” al condomino A. Facile capire/ipotizzare che da questa fase iniziale scaturiranno .comportamenti che “cronicizzeranno” i rapporti non proprio positivi fra i due condomini e, con buona probabilità, allargheranno il discorso anche ad altri condomini creando, alla fin fine, nocumento all’intero condominio. Sarebbe bastata una “lungimiranza intelligente” per consigliare, anche al condomino più “egoista/invidioso”, nel definire i propri obiettivi, di tenere nella giusta considerazione le ripercussioni delle sue azioni e, più in generale, le necessità e gli obiettivi degli altri condomini. Un atteggiamento volto ad “armonizzare” il proprio tornaconto con quello degli altri (condivisione) che, probabilmente, avrebbe creato vantaggi all’intero condominio e, quindi, anche a lui stesso.

Traslando il discorso dal micro (condominio) al macro (intera europa ma, anche, intero pianeta) è facile dedurre che una serie di atteggiamenti meramente egoistici hanno come epilogo rendere il danno complessivo ben superiore a quello che scaturirebbe adottando strategie condivise/collaborative, strategie che, forse, nel caso specifico, avrebbero anche potuto evitare il “passaggio” da epidemia a pandemia.

Non pochi esempi, a tutti noti e che non sto qui ad elencare (dalla questione delle mascherine a quella delle RSA, dai contrasti fra gli stati del sud europa e quelli del nord europa alle opacità delle informazioni in alcuni paesi, dalle contraddizioni nei bollettini informativi dell’OMS a quelle di alcuni capi di stato, ecc., ecc.) a mio avviso dimostrano ampiamente i, ancora in termini eufemistici, difetti di cui ai punti 1,2 e 3 sopra descritti.

Ho l’impressione, questa volta con riferimento alla sola Europa, che le scelte fino ad ora intraprese, certamente ragguardevoli in  sé e per sé o, per meglio dire, se confrontate con quelle adottate in situazione di normalità e con solo riferimento agi aspetti meramente economici, sembrano mostrare tutta la loro inadeguatezza, in un’ottica globale e con una “visione” non tradizionale, per individuare le scelte necessarie, non solo per “sconfiggere” il Coronavirus e le relative conseguenze ma, anche, per costruire un’ Europa migliore.

In situazioni di forti difficoltà come questa mi arreca particolare fastidio “toccare con mano” le persistenti prerogative di una parte non marginale dei politici (nazionali, europei ed extraeuropei) indirizzate, sempre e comunque, non tanto al conseguimento del  “bene comune”, quanto al proprio tornaconto in termini di consenso. Voglio cioè dire che questi “signori”, anche quando la casa brucia, hanno come obiettivo primario quello di acquisire vantaggi sul fronte dei sondaggi (che poi non necessariamente si traducono in ovantaggi elettorali), pur se convinti  che le sottostanti decisioni non condurranno a spegnere l’incendio.

In questo specifico drammatico contesto anche non pochi scienziati (italiani e non), con i loro “atteggiamenti pubblici”, hanno contribuito ad amplificare la confusione ed ad incrinare il loro livello di autorevolezza (esempi a non finire sono riportati su tutti i giornali e quindi, ancora, non sto qui ad elencarli).

Veniamo all’oggi. Giovedì 23 aprile 2020 si è svolta una videoconferenza dei leader dell’UE in merito allo “strumentario” da adottare per, appunto, contrastare le ripercussioni negative del CORONAVIRUS. Vediamone, in estrema sintesi, gli aspetti salienti (da ricordare anche la sospensione del patto di stabilità – aumento delle possibilità di indebitamento per i singoli stati – e la reintroduzione/potenziamento del “bazooka” BCE – acquisto di titoli pubblici emessi dai singoli stati):

  • utilizzo del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità o Fondo Salvastati), operativo dal 2011 (Grecia!); per l’Italia l’importo massimo è di 36 miliardi circa (il 2% del PIL); questo prestito sembrerebbe a condizioni economiche abbastanza vantaggiose ma viene guardato con sospetto da non pochi osservatori per il semplice fatto che, a loro avviso, eventuali condizioni future potrebbero intaccare la sovranità del singolo Paese;
  • istituzione di uno Strumento per attenuare i rischi di disoccupazione (SURE), anche questo a condizioni vantaggiose ma pur sempre un prestito; per la totalità dei paesi membri dovrebbero essere disponibili 100 miliardi di euro anche se rimangono ancora da definire le modalità di funzionamento;
  • istituzione del cosiddetto Recovery Fund che dovrebbe raccogliere fondi tramite obbligazioni garantite dal bilancio europeo per finanziare la ricostruzione nei singoli  paesi; svariati sono i parametri ancora da definire ed anche per i tempi non esistono certezze.

Il 26 aprile 2020, infine, l’Italia ha presentato una richiesta al Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea (costituito nel lontano 2002). Sulla base delle domande pervenute, la Commissione europea, entro il 24 giugno, presenterà un pacchetto di aiuti finanziari  per i singoli stati al parlamento europeo;

Pur con le attuali svariate e non marginali incertezze tutt’ora presenti sembra poter affermare che anche il nostro Paese potrà disporre di adeguati flussi di liquidità necessaria per ridurre al minimo possibile i “danni”  economici derivanti dal CORONAVIRUS. Quindi finanziamenti (e sottolineo finanziamenti) che, sempre in estrema sintesi, oltre alla relativa disponibilità per i singoli stati, creeranno vantaggi in termini di “monte interessi” e di controllo dello spread.

Ciò malgrado permangono, a mio avviso, forti preoccupazioni perché, pur nell’ipotesi che il Governo Italiano riesca a traghettare il “fiume della pandemia”, dovremo fare i conti con il poderoso incremento dell’indebitamento, una volta terminata l’emergenza Covid-19. Debito pubblico e Spread (e, magari – si fa per dire – “ripresa” di posizioni ostili  di certi paesi europei) sono gli elementi che potrebbero destabilizzare la nostra economia. Per evitare fraintendimenti vedo di specificare:

  • in questo momento l’obiettivo principale del Governo Italiano dovrà essere senza dubbio quello di mettere in cantiere quanto necessario per consentire a tutti (imprenditori, artigiani, commercianti, dipendenti, famiglie, disoccupati, soggetti deboli, ecc.ecc.) di uscire da questa  crisi in maniera da ridurre al minimo le ripercussioni negative del CORONAVIRUS.
  • ma, finita l’emergenza, sarà necessario prestare la massima attenzione per  “togliersi dal groppone” il fardello dei debiti, pena subire le pesanti ripercussioni derivanti dai comportamenti dei mercati che potrebbero portare ad una sorta di spirale perversa pessimismo dei mercati/innalzamento dello spread/manovra “lacrime e sangue”/recessione.

Io, pur non essendo ricco, sarei ben lieto di contribuire, una tantum, ad una patrimoniale ben calibrata dove tutti danno un contributo commisurato alle loro possibilità economiche/finanziarie ma di dimensioni tali da riportare il debito in linea con quello degli altri paesi europei. Eviteremmo così di mantenerci sotto il ricatto dei mercati finanziari e potremmo destinare tutta la nostra attenzione alla crescita, per di più evitando di lasciare questa pesante zavorra ai nostri figli/nipoti. Purtroppo credo che ciò non avverrà in quanto porterebbe gli attuali governanti ad una perdita del consenso che, come ho già detto, per buona parte di loro è più importante di qualsiasi altra prerogativa.

Certo, ben diverso sarebbe il discorso se l’Europa desse effettiva attuazione a quanto contenuto nel documento allegato alla lettera di invito che il Presidente del consiglio Europeo Charles Michel ha indirizzato ai membri del Consiglio Europeo per la videoconferenza del 23 aprile 2020, documento pubblicato in collaborazione con Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea (Una tabella di marcia per la ripresa: verso un’europa più resiliente, sostenibile ed equa) dove si possono individuare indirizzi, proponimenti, strategie e “visioni” impregnate di nobili principi. In chiusura della breve introduzione viene per esempio dichiarato testualmente:

E’ giunto ora il momento di tracciare il percorso verso un piano di rilancio globale, con l’obiettivo ultimo di costituire un’Europa più resiliente, sostenibile ed equa.

I 4 principi successivi parlano, in sintesi, di solidarietà, coesione, convergenza, di una ripresa inclusiva a cui devono partecipare tutti gli attori coinvolti. Viene poi fatto riferimento esplicitamente al ruolo centrale che dovranno avere la transizione verde, la trasformazione digitale e l’economia circolare. Il documento conclude dicendo:

L’entità della crisi pone l’UE di fronte ad una sfida senza precedenti. Non ci saranno soluzioni semplici. Il quadro delineato qui consentirà tuttavia di creare un senso di determinazione e di fiducia e di sfruttare tutte le risorse in uno spirito di unità e di solidarietà.

Una tabella di marcia che, se attuata anche al cinquanta per centro, sarebbe veramente rivoluzionaria.

Vado a  concludere.

Se, oggi come oggi, pongo orecchio ai “sussurri” dell’io razionale/disincantato/malizioso/obiettivo (“alimentato” perlopiù dal coacervo di esperienze “cadutemi addosso” nei miei non pochi anni di vita) non posso che mantenermi pessimista sulla effettiva volontà del Consiglio Europeo e della Commissione Europea di intraprendere le scelte sopra indicate. Solo ponendo ascolto ai ben più fievoli “sussurri” dell’io primitivo/istintivo/sentimentale/ingenuo (alimentato” perlopiù dai miei connotati caratteriali originari) riesco a recuperare qualche speranza anche se è bene dire che fra i due io sopra descritti sovente è il primo che ha avuto la meglio. Spero vivamente di sbagliarmi e di trovarmi di fronte, in futuro (che non sarà troppo lontano), un’Europa all’altezza del compito che la storia (pandemia) le ha assegnato.