APPELLO PER SIENA: LE SOCIETA’ PARTECIPATE/CONTROLLATE DAL COMUNE DI SIENA – 3

Questo è it terzo post sull’argomento ” società a partecipazione pubblica ” ed il secondo nonché ultimo in cui tratterò i relativi aspetti normativi. Quindi dal prossimo post (riferito, ovviamente, a questo stesso argomento)  “scenderò” ad analizzare la realtà senese o, meglio, le società partecipate/controllate dall’Amministrazione comunale di Siena. Come già detto, i “visitatori” ( e i miei quattro followers) che non intendano approfondire più di tanto la problematica possono decidere di “saltare” anche questo e “ripartire” dal  successivo (quarto post sull’ argomento).

Proseguiamo quindi nell’analisi (ancora tutt’altro che esaustiva) degli articoli del più volte citato Testo Unico.

Con l’art.12 viene stabilito che gli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate  sono soggetti alle stesse azioni di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, mentre  il controllo giudiziario sull’amministrazione di tali società è contemplato nell’art.13 (“ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall’entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale”).

Eventuali crisi aziendali di società a controllo pubblico sono disciplinate dall’ art.14  che, fra l’altro, detta specifiche procedure per prevenirne l’aggravamento, per correggerne gli effetti ed eliminarne le cause.

L’art.15 attribuisce al Ministero dell’economia e delle finanze la competenza in materia di controllo e monitoraggio sull’attuazione del decreto nonché in materia di trasparenza e separazione contabile. E’ sempre con tale articolo che viene attribuito al suddetto Ministero l’obbligo di detenere un apposito albo pubblico di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti nonché di esercitare, “nei confronti di dette società, i poteri ispettivi già previsti dalla normativa vigente.”

L’art.16 introduce disposizioni analitiche e particolarmente stringenti nel caso in cui una società in controllo pubblico sia anche titolare di affidamenti diretti di contratti pubblici, coordinando peraltro la disciplina nazionale in materia con quella europea.

In presenza di società a partecipazione mista (pubblico-privata) sono introdotte specifiche disposizioni, presenti nell’art. 17, dove si legge, fra l’altro, che la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al trenta per cento. Disposizioni che riguardano i requisiti del socio privato, la durata della partecipazione privata, le modalità di designazione degli organi di vertice e il contenuto degli statuti.

La nuova normativa prevede la possibilità, sempre per le società a controllo pubblico, di quotazione nei mercato regolamentati. L’art.18 ne disciplina la procedura decisoria.

La disciplina del personale, intesa in senso lato, è regolamentata dall’art. 19 dove si apprende che, per questo specifico aspetto, si applicano le disposizioni del codice civile nonchè le le leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, salvo quanto previsto dal decreto stesso. Saranno le stesse società a controllo pubblico a stabilire, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale, provvedimenti che dovranno essere pubblicati sul sito istituzionale della società. Mentre saranno le amministrazioni pubbliche socie a fissare, con propri provvedimenti, gli obiettivi sulle spese di funzionamento, comprese quelle per il personale, delle società controllate. E le suddette società a controllo pubblico dovranno garantire il concreto perseguimento degli obiettivi. Viene altresi stabilito uno specifico meccanismo di gestione dei processi di mobilità del personale.

L’art.20 si occupa di tutta la problematica riguardante la razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche (ad esclusione di quanto disposto dal successivo art.25 in materia di alienazione di tali partecipazioni). In particolare tale articolo prevede un meccanismo di verifica e monitoraggio periodico delle società partecipate, sia direttamente che indirettamente, anche “mediante la predisposizione di un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione”. Piani di razionalizzazione devono comunque essere adottati nei seguenti casi:

  • partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all’art.4;
  • partecipazioni in società prive di dipendenti o con un numero di amministratori superiori a quello dei dipendenti;
  • partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate;
  • partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore ad un milione di euro;
  • partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio di interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque  esercizi precedenti;
  • necessità di contenimento dei costi di funzionamento;
  • necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite dall’articolo 4

 Gli atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni “sono disciplinati, salvo quanto diversamente disposto nel presente decreto, dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l’acquisto della partecipazione.” Per la mancata adozione degli atti richiesti da questo articolo viene infine introdotto uno specifico meccanismo sanzionatorio.

L’art.21 disciplina in particolare i casi di un eventuale risultato di esercizio negativo delle società partecipate per il quale le amministrazioni partecipanti devono ottemperare a ben definiti obblighi di accantonamento nonchè, in certi casi, alla riduzione dei compensi degli amministratori e finanche alla revoca dei medesimi.

Gli artt. 22 23 recano disposizioni, rispettivamente, in materia di trasparenza e di regolamentazione delle controversie.

L’art.24 prevede espressamente  l’applicazione delle disposizioni del decreto tanto alle Regioni a statuto speciale quanto alle Province autonome.

L’art.25 definisce tempi e metodi per effettuare una ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla medesima data di entrata in vigore del decreto, in modo tale da individuare quelle che devono essere alienate.

Disposizioni transitorie in materia di personale delle società a controllo pubblico sono contenute nell’ art.26 dove si prevede, fra l’altro, che dette società attuino una ricognizione del personale in servizio con lo scopo di individuare eventuali eccedenze. Viene disposto altresì che l’elenco del personale eccedente venga trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio e che sia quest’ultimo a formare e gestire l’elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti.

Tutte le altre disposizioni transitorie sono raggruppate nell’art. 27. Qui mi limito a riportare il contenuto del primo comma: “Le società a controllo pubblico già costituite all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti alle disposizioni del presente decreto entro il 31 dicembre 2016”.

Nell’ art.28 sono elencate le modifiche necessarie per coordinare il contenuto del decreto con la normativa vigente.

Le abrogazioni di disposizioni vigenti in materia di società a controllo pubblico, infine, vengono riportate nell’ art.29.

continua 

APPELLO PER SIENA: LE SOCIETA’ PARTECIPATE/CONTROLLATE DAL COMUNE DI SIENA – 2

Nel post del 22 novembre 2015 (stesso argomento) ho affrontato, pure se in modo del tutto superficiale, gli aspetti quantitativi del “fenomeno” su dimensioni nazionale e regionale (Toscana).

Il secondo passo, come già indicato nel citato post, consiste nell’esaminare gli aspetti normativi pure se, ancora, in maniera tutt’altro che esaustiva.

Ho quindi raccolto la documentazione necessaria e, essendo abbastanza digiuno della materia, ho provveduto ad una prima lettura sommaria.

Comunque la pensiate credo che, se vi siete trovati ad occuparvi di Società a partecipazione pubblica, non potrete non riconoscere che i continui e disorganici interventi legislativi in materia hanno determinato un quadro normativo ben poco chiaro, se non addirittura contraddittorio (alcuni sono perfino arrivati a formulare dubbi di costituzionalità) e, comunque, particolarmente bisognoso di un poderoso riordino/accorpamento ed una robusta semplificazione. Lo si evince, implicitamente, anche da quanto ha avuto modo di scrivere al riguardo la Corte dei Conti già nel 2010: ” Il legislatore,…., tenuto conto delle complesse problematiche insorte in ordine alla posizione di dette società nel mercato, ai loro rapporti con i soci pubblici, all’ambito e alla natura dell’attività esercitata, all’eludibilità delle norme di carattere generale dettate ai fini del contenimento dei costi, ha operato numerose incursioni normative in materia, le quali, disciplinando in maniera peculiare determinati aspetti attinenti alla materia delle partecipazioni societarie pubbliche (soprattutto locali), hanno attribuito al settore indubbi elementi di specialità ” (CORTE DEI CONTI, “Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di comuni e province”, giugno 2010).

Verso la fine del mese di gennaio mi stavo apprestando ad una seconda e più approfondita lettura del già citato materiale quando apprendevo dalla stampa che, in data 20 gennaio 2016, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della semplificazione e la Pubblica amministrazione, aveva approvato in sede preliminare ed in attuazione dell’art.8 della legge n 124/2015 (articolo con il quale si delega il Governo ad intervenire sulla disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche), il decreto legislativo denominato Testo Unico in materia di Società a partecipazione pubblica. Un decreto che, prima di passare alle Commissioni parlamentari competenti, dovrà acquisire i pareri tanto della “Conferenza unificata” (così come definita dal comma 1 dell’art.8 del Dlgs n.281/97: “La Conferenza Stato – città ed autonomie locali e’ unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità’ montane, con la Conferenza Stato – regioni”) quanto del Consiglio di Stato.

In quanto Testo Unico comprende gran parte della normativa esistente in materia di società a partecipazione pubblica. Il “fine prioritario”, come dichiarato nel sopra citato art.18, consiste nell’ “assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza”.

A chi intendesse approfondire le sue conoscenze sull’argomento consiglio di leggersi, fra i documenti che “accompagnano” il citato testo unico, quello, di notevole interesse, intitolato “Analisi di impatto della regolamentazione” Qui mi limiterò ad evidenziarne due piccole parti: una dedicata all’analisi dei dati, una dedicata agli obiettivi. Nella prima viene evidenziato, per esempio, che:

  • sono ben 988 le società con numero di addetti inferiore ai membri del Cda;
  • sono ben 2.479 le socetà con un numero di addetti inferiore a 20;
  • sono ben 1.600 le società con valore della produzione inferiore al milione di euro;
  • sono ben 984 le società con valore della produzione maggiore di un milione e inferiore a cinque milioni di euro.

Nella seconda vengono indicati gli obiettivi (di breve, medio e lungo periodo) perseguiti con l’intervento normativo.

Obiettivi di breve periodo:

  • limitare la costituzione di nuove società pubbliche;
  • rendere trasparenti i bilanci delle società in controllo pubblico;
  • ridurre il numero di società pubbliche;
  • impedire il proliferare di società non necessarie.

Obiettivi di medio periodo (o operativi):

  • ridurre le aree di intervento delle società pubbliche;
  • eliminare o limitare le società pubbliche non in equilibrio economico;
  • ridefinire il sistema di gestione del personale delle società a controllo pubblico;
  • garantire che l’attività delle società a partecipazione pubblica sia maggiormente efficiente.

Obiettivi di lungo periodo (o specifici):

  • miglioramento dei servizi erogati a cittadini e imprese;
  • maggiore credibilità e trasparenza della pubblica amministrazione;
  • favorire il miglior utilizzo delle risorse pubbliche, mediante l’efficiente allocazione delle stesse e la rimozione delle fonti di spreco.

Tenuto conto di tutti i “passaggi” necessari ma, anche, dei vincoli temporali imposti, sembra ipotizzabile che tale testo verrà alla luce in tempi non particolarmente lunghi.

Quindi, vuoi per il fatto che nel citato testo unico, come già detto, ha trovato collocazione molta della normativa preesistente in materia, vuoi per la sua organicità (e, ormai, per l'”ineluttabilità” degli indirizzi ivi contenuti), vuoi, infine, per la previsione di emanazione non particolarmente lunga, è ragionevole ipotizzare che gli enti territoriali coinvolti inizieranno ad adeguarsi fin da ora a quanto tale documento dispone.

Da qui la mia decisione di affrontare gli aspetti normativi, non tanto prendendo in rassegna la legislazione passata, quanto tramite l’analisi del suddetto Testo unico. Questa decisione consente al sottoscritto di ridurre significativamente la fatica, a questo punto quasi inutile, di “assimilare” la normativa precedente e di evitare un considerevole dispendio di energie necessario a sintetizzare e rendere “leggibile” una “narrazione” del passato che, oltretutto, sarebbe risultata significativamente noiosa.

Detto questo ho pensato utile procedere comunque ad una seconda lettura del materiale raccolto anche se, lo confesso, in maniera meno approfondita.

In questo e nel prossimo post (che poi sarebbero il secondo ed il terzo post sull’argomento) prenderò quindi in considerazione i contenuti del citato documento, provvedendo a sottolineare/evidenziare gli aspetti a mio avviso più significativi. Sarò, ancora, necessariamente “stringato”  in quanto è mio intendimento dedicarmi, subito dopo, alla parte più importante di questa “inchiesta”, vale a dire le società partecipate dal Comune di Siena.

Per chi, come me, si appresta a scrivere su tale materia, questo lavoro propedeutico, a mio avviso, risulta pressoché indispensabile. Utili ma non indispensabili, invece, i due post indicati per chi intende documentarsi sulla problematica solo con riferimento al Comune di Siena. In questo caso il lettore può anche decidere di non “perdere tempo” a leggere questo post ed il successivo e “ripartire” solo dal quarto post sull’argomento.

Innanzitutto una considerazione del tutto personale e di carattere generale: dati i non pochi “difetti” sopra indicati della precedente normativa, il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica è da considerare un concreto e significativo passo avanti verso la razionalizzazione del settore e, in ultima analisi, verso un recupero di efficienza (e, in certi casi, peraltro non sporadici, verso una moralizzazione) del medesimo.

Veniamo quindi ai singoli articoli del citato decreto legislativo.

Già nell’art. 1 sono ravvisabili aspetti normativi importanti ai fini della chiarezza e della trasparenza. Mentre il comma 1 di detto articolo definisce in maniera precisa l’oggetto della norma, nel comma 2 viene esplicitato puntualmente il fine delle disposizioni contenute nel decreto, in quanto afferenti (tali disposizioni) l’ “efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, la tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché la razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica”.

Utile anche il contenuto dell’art. 2 che, sempre in omaggio alla chiarezza ed alla trasparenza, riporta una serie di definizioni che di fatto riducono in maniera robusta i margini di manovra per interpretazioni, diciamo, soggettive.

L’art. 3 stabilisce che i tipi di società a cui potranno partecipare le Amministrazioni Pubbliche sono solamente due: le società per azioni e le società a responsabilità limitata. Al momento in cui scrivo queste note alcuni studiosi hanno ventilato l’ipotesi che si debba comprendere anche le società consortili per azioni e le società consortili a responsabilità limitata. E’ probabile che, in tempi non troppo lunghi, le autorità competenti chiariranno questo aspetto.

Seguono poi disposizioni significativamente rigorose in merito alle possibilità che le Amministrazioni Pubbliche hanno (o, meglio, avranno) di costituire società o acquisire partecipazioni di società in ordine al tipo di attività svolta (art.4). Recita, per esempio, il comma 1: “Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”. Segue poi un elenco dettagliato delle attività, diciamo, consentite. Quindi, mentre nell’art. 3 vengono definiti i tipi di società “ammessi”, nel successivo vengono fissati dei “paletti” riguardo alle finalità (oggetto) di una società partecipata da una amministrazione pubblica.

Una volta definiti gli obblighi riguardo tanto alla forma societaria (art.3) quanto all’attività svolta (art.4), l’art. 5 stabilisce oneri/vincoli, a mio modesto parere considerevolmente stringenti, per quanto riguarda  le, diciamo, motivazioni  sottostanti la scelta, da parte di amministrazioni pubbliche, di costituire società o di acquisire partecipazioni. Detto articolo definisce anche i controlli cui verrà sottoposto l’atto deliberativo di costituzione di una società o di acquisizione di una partecipazione. Mi piace  evidenziare (non tanto perché particolarmente importante quanto per una preferenza del tutto personale) il contenuto dell’ultimo periodo del comma 2 del citato articolo: “Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica”. Sarebbe bello se gli enti locali, al di là degli obblighi minimali che verranno introdotti per tale specifico aspetto, prendessero la consuetudine di sottoporre tale atto ad una “vera” e ben veicolata consultazione pubblica, in modo da addivenire ad una reale partecipazione pubblica.

L’art.6 detta le regole fondamentali in merito all’organizzazione ed alla gestione delle società a controllo pubblico. Buona parte di tale articolo è dedicata all’individuazione di specifici strumenti di governo societario la cui adozione viene demandata alle stesse società a partecipazione pubblica (comma 3), i quali (strumenti di governo), dice il comma 4, vengono indicati nella relazione annuale, fermo restando il fatto che “Qualora le società a controllo pubblico non integrino gli strumenti di governo societario con quelli di cui al comma 3, danno conto delle ragioni all’interno della relazione di cui al comma 4”.

L’art.7 indica le modalità attraverso le quali viene adottato e “pubblicizzato” l’atto deliberativo concernente la costituzione di una società a partecipazione pubblica. Nel caso, per esempio, di una società a partecipazione comunale tale atto deve essere sottoposto a deliberazione del relativo Consiglio comunale. Comunque sia l’atto deliberativo deve contenere gli elementi esseziali “così come previsti dal Codice Civile per la costituzione di società per azioni o società a responsabilità limitata.”

L’acquisto di partecipazioni in società già costituite è invece regolamentata dall’art.8 che, peraltro, ribadisce le stesse modalità dell’atto deliberativo indicate nell’art.7.

L’art.9 indica  l’organo/istituzione competente per esercitare i diritti dell’azionista. Per le partecipazioni di enti locali (comma 3), per esempio, i diritti dell’azionista sono esercitati dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato.

Dall’art.10 si apprende che la procedura di alienazione (vendita/cessione) delle partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche si rifà al primo comma dell’art.7, alienazione che, peraltro, deve essere fatta nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione.

L’art.11 dice innanzitutto che “i componenti degli organi amministrativi di società a controllo pubblico devono possedere”,  al di là delle leggi attualmente vigenti in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi, “requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.” Mentre dal secondo comma si apprende che, di norma, l’organo amministrativo di società a controllo pubblico è costituito da un amministratore unico. Sarà il Ministro dell’economia e delle finanze a definire criteri di determinazione della remunerazione di società a controllo pubblico, proporzionata alle dimensione dell’impresa. Si apprende altresì che gli Amministratori di società a controllo pubblico  non potranno essere dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione. Viene comunque stabilito che il “trattamento economico onnicomprensivo da corrispondere  agli amministratori, ai titolari e componenti gli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre amministrazioni pubbliche”. Sempre nell’art. 11 trovano poi evidenza ulteriori ed articolate disposizioni che, direttamente o indirettamente, in un modo o nell’altro, riguardano il trattamento economico, inteso in senso lato, degli amministratori, dei dirigenti, dei dipendenti di società a controllo pubblico.

continua